Pazzia e normalità sono concetti artificiali che non derivano da una diagnosi specifica. Sono piuttosto il modo in cui una società, in un dato momento storico, identifica e tollera (o non tollera) le varianti di comportamento umano al suo interno.
Pazzia e normalità tra società e patologia
Per esempio una persona con allucinazioni in secoli passati veniva considerata visionaria, saggia, o in contatto con altri mondi. Adesso si parlerebbe di psicosi e di follia.
I sintomi, o una patologia specifica, acquisiscono senso (o ne perdono) soltanto in relazione alla società in cui questi si manifestano. Non esiste, quindi, definizione precisa e oggettiva, al di fuori del contesto, che definisca pazzia e normalità.
Per una risposta più ‘scientifica’ – pur se di scienza in psicologia non si dovrebbe mai parlare anche per i suddetti motivi – si possono notare le variazioni nel DSM (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Psichici) nel corso delle diverse decadi in cui ha rappresentato, e rappresenta, il riferimento diagnostico di psicologi e psichiatri. Possiamo per esempio vedere come il disturbo narcisistico abbia perso di valore negli ultimi anni perché, in questa nuova società, la maggior parte delle persone mostra tratti narcisistici e sarebbe difficile considerarli tutti patologici. In questo modo la definizione di normalità ritorna all’origine letterale del termine, ovvero di media. Infatti un comportamento medio, che la maggior parte delle persone mette in atto, è considerato normale. Al contrario una devianza eccessiva è considerata patologica, pazzia, follia. Ovviamente è una definizione priva di senso sotto molti punti di vista. In una società in cui tutti sono malati, la normalità secondo questa definizione è ammalarsi.
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